1996
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Donne in bianco
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Edipo - Medea
Festival d'Autunno - Teatro Olimpico - Vicenza
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Letture tratte dalle Sceneggiature Cinematografiche diPier Paolo Pasolini
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con:
Valeria Moriconi
Pino Micol
Musiche di Stefano Marcucci
eseguito dal vivo da:
Maria Cecilia Berioli - violoncello
Pino Cangialosi - fagotto e Prcussioni
Stefano Marcucci - Pianoforte
Coordinamento artistico: Fernado Scarpa
Organizzazione: Teatro del Mediterraneo
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Rudens
di Tito Maccio Plauto
versione di Alberto Bassetti
con:
Flavio Bucci
Claudio Angelini
Luigi Mezzanotte
Maurizio Marchetti
Vito Facciolla
Sergio Mancinelli
Irma Ciaramella
Monica Samassa
Scene e costumi: Lorenzo Ghiglia
Musiche: Stefano Marcucci
Regia di Alvaro Piccardi
Produzione: APAS Roma di Sebastiano Calabrò
BUCCI: UN PLAUTO CHE È BERTOLDO
RUDENS, di Tito Maccio Plauto (259-184 ca a.C.). Traduzione (pregevole) di Alberto Bassetti. Regia (comica eterogeneità) di Alvaro Piccardi. Scene e costumi (atemporali) di Lorenzo Chiglia. Musiche (impressionismo parodistico) di Stefano Marcucci. Con Flavio Bucci (grottesco, ironico) e (vivaci caratterizzazioni) Claudio Angelini, Vito Facciolla, Sergio Mancinelli, Irma Ciaramella, Monica Samassa, Luigi Mezzanotte, Maurizio Marchetti. Prod. Apas con Sarsina Festival.
«Chi dorme non piglia pesci», sentenziava già avanti Cristo Tito Maccio Plauto; e aggiungeva secondo il suo traduttore ultimo Alberto Bassetti, nonché commediografo in proprio: «Gli schiavi, poi, i pesci li pigliano in faccia». E per questo che Gripus, pescatore povero capostipite dei Bertoldo, si alza di notte e anche col mare grosso, contravvenendo allo stesso volere del padrone, va con la sua barchetta in cerca di pesci, e di qualche imprevisto che gli dia l'agognata libertà. Il sogno di questo brav'uomo, tenace nei proponimenti e malizioso come una scimmia, sembra sul punto di avverarsi quando le reti tirano su un baule, relitto di un naufragio; e siccome nel cassone ci sono oro, monete ma anche uno scrigno contenente ninnoli e gingilli della bella e giovane Palaestra, rapita in tenera età al padre Deamones e scampata al naufragio con la coetanea Ampelisca, si mette in moto una vicenda che più complicata non si può. Come vuole l'antico gioco delle agnizioni, lo spettatore scoprirà beato ciò di cui non aveva dubitato un istante: che padre e figlia si ritrovano e questa, finalmente liberatasi dalle grinfie del ruffiano Labrax, convola perfino a giuste nozze. Non solo: in fondo al baule restituito dagli abissi marini c'è una libbra di lieto fine anche per il nostro Bertoldo di Cirene (la storia è ambientata in Africa), che acquista la sospirata libertà: «Sono libero! Via a comprarmi poderi, una casa e un gran numero di
schiavi, e se mi servirà una nave comprerò una flotta... Mi chiameranno re!».
Non meno malizioso del suo eroe, Plauto getta nella minestra di farro della commedia il sale di tutti gli archetipi della commedia greco-latina, sviluppa situazioni di contorno con altri schiavi faccendoni e una bigotta devota a Venere (lo stesso Bucci en travesti). Non mette conto, però, ch'io riferisca sugli altri sviluppi, anche perché il pubblico va a vedersi Rudens non tanto, o non soltanto, per conoscere una farsa plautina poco rappresentata, ma per vedere come la interpreta Flavio Bucci.
Il quale, sappiamo, è attore "anomalo" quant'altro mai: per l'espressionismo a tutto tondo con cui sbalza i personaggi, per i toni di un grottesco esagerato con cui li evidenzia, per quel suo gestire disarticolato, esagitato, di marionetta umana; e per le forzature tonali, le spezzature impreviste delle frasi; la respirazione insolita delle battute, i lampi d’ironia e le improvvisazioni a soggetto da «teatro nel teatro». La figura di Gripus, della vecchia vestale e di un altro personaggio minore ch'egli assume in Rudens concorrono a rendere una vera e propria esibizione di queste sue singolari qualità di interprete. Lo spettacolo è lui, Bucci , come lo era stato nelle interpretazioni pirandelliane di questi anni: spettacolo che sale nei toni dopo una «mise en place» per certi aspetti prolissa della vicenda: quando sogna la ricchezza e la libertà accanto al baule ritrovato, litiga con chi vorrebbe strapparglielo, ordisce le sue trame per arrivare allo scopo; e ci accorgiamo che la sua buffoneria diventa via via la condizione tragicomica di un «poverocristo avanti Cristo». Claudio Angelini è con professionalità la figura del "degno" padrone Deamones; Vito Facciolla, Sergio Mancinelli, Luigi Mezzanotte e Maurizio Marchetti caratterizzano a grandi tratti gli altri personaggi; Irma Ciaramella e Monica Samassa sono le due naufraghe belle, gentili e sospirose; e tutti si dan da fare per sostenere anche con canzoni la parabola plautina sulla libertà.
Ugo Ronfani (Hystrio Anno X n°1 –gennaio – marzo 1997)
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Zoo di vetro
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di Tennesee Williams
Teatro Ghione - Roma ottobre 1996
Traduzione di Gerardo Guerrieri
Ileana Ghione (Amanda Wingfield, la madre)
Marina Lorenzi (Laura Wingfield, sua figlia)
Thomas Trabacchi (Tom Wingfield, suo figlio)
Mino Manni (Jim O'Connor, il signore in visita)
Regia di Alvaro Piccardi
Scene e Costumi: Lorenzo Ghiglia
Musiche: Stefano Marcucci
Aiuto regista: Pierpaolo Palladino
Direttore di scena: Maria Cattani
Direttore tecnico e luci: Luca Coiro
Realizzazione scene: Franco Alessandroni
Foto: Tommaso Le Pera
Produzione della "Compagnia del Teatro Ghione"